1. In Italia non è inevitabile l’avvento del centro destra guidato da Berlusconi. Il voto delle elezioni europee, delle elezioni regionali e sui Referendum non annunzia la vittoria della destra alle prossime elezioni politiche, bensì rivela quanto sia profonda la crisi della sinistra e sancisce il tracollo della politica perseguita dalla sua attuale classe dirigente.
2. Noi proponiamo di reagire alla sconfitta della sinistra, gravissima ma non irrecuperabile, e di contrastare la resistibile ascesa della destra, chiamando a raccolta tutte le forze e tendenze e tutte le posizioni personali che sentono l’esigenza di un mutamento delle politiche che hanno portato alla sconfitta
3. Di fronte alla perdita di più tre milioni di voti rifiutati dall’elettorato di sinistra, dai Ds a Rifondazione, non hanno senso gli appelli alla partecipazione proposti dai gruppi dirigenti che hanno provocato questo disastro. Si tratta di dare forza alla rivendicazione del cambiamento delle politiche, da parte dell’universo sociale che è critico del modo in cui la sinistra ha governato o ha fatto opposizione. E di dare voce alla rinuncia al voto, che non è stata una migrazione a destra, ma la espressione dell’insoddisfazione, anzi, dell’impossibilità di milioni di persone di riconoscersi nelle politiche in atto.
4. Il nostro discorso è semplice: cambiare le politiche che hanno portato alla sconfitta. Cambiare prima di tutto la politica di governo e la Legislazione, ispirata a criteri moderati, liberisti e liberali. Risanare il bilancio, entrare nell’Europa Monetaria è stata una politica imposta dalla necessità, ma poi bisognava approfittare della stabilità per rilanciare un progetto armonioso di sviluppo sociale.
5. Una difesa debole e reticente dello Stato Sociale, promettendo di restringere la spesa previdenziale e sanitaria, di accrescere la precarietà del lavoro chiamandola flessibilità, non è una prospettiva proponibile alla sinistra.
6. Una difesa accanita di sistemi elettorali che esaltano la personalizzazione della politica, restringono la partecipazione democratica, compromettono la vita stessa dei partiti, ripetuta in due referendum falliti, non è un quadro politico proponibile alla coscienza civile che vuole lo sviluppo della democrazia sulla base della Costituzione.
7. Il coinvolgimento pieno nella guerra condotta dalla Nato in Jugoslavia ha provocato un disastro nei Balcani ed ha aperto una pesantissima contraddizione nella coscienza di chi si è sempre battuto per la pace e ha creduto nella Costituzione che recita: “L’Italia ripudia la guerra”.
8. La sconfitta è di queste politiche: esse vanno cambiate rapidamente e profondamente..
9. La maggioranza del gruppo dirigente dei Ds, come ha giustamente denunziato la crescente parte dissenziente del partito, ha invece dimostrato più che una reticenza un vero e proprio rifiuto al cambiamento, che può solo radicare ulteriormente la sfiducia, ancor più allontanare da ogni partecipazione. Non bisognava arrendersi alle vecchie arroganze e meno che mai è possibile arrendersi a queste nuove arroganze.
10. Ma la sconfitta è anche di Rifondazione, è anche dei comunisti che hanno avuto meno voti che nel ’92 e hanno perduto un milione di suffragi dal 1996. Questo isolamento non è dovuto alle critiche che Rifondazione ha portato al centro-sinistra, che anzi sono state un’indubbia risorsa politica. Però queste posizioni persuadono se non vengono proposte semplicemente come ragioni di partito, ma se sono argomentate per unire forze più vaste che vi si possono un tutto o in parte riconoscere, concorrendo in tal modo a modificare gli equilibri e indirizzi di governo nel nostro paese.
11. Certo non sarà questo centro-sinistra a contrastare la resistibile ascesa di Bossi Fini e Berlusconi. Proprio per questo bisogna avviare un deciso processo di rinnovamento e di ricomposizione politica a sinistra nei pochi mesi che ci separano dalle elezioni politiche.
12. Se il problema delle alleanze non è eludibile, è evidente che nessuna alleanza di centrosinistra può funzionare se viene a mancare la credibilità della sinistra. Per questo, ancora più decisivo e urgente è il problema di fare emergere una nuova soggettività politica a sinistra, che consenta, rispettando i partiti esistenti, di superare la frammentazione, ricomponendola nel quadro di una identità programmatica comune.
13. Noi oggi sottolineiamo che più forze organizzate, tanti gruppi associati, moltissimi uomini e donne, possono unirsi nella rivendicazione di nuove politiche non ispirate a criteri fallimentari fin qui seguiti. Possono muoversi non sotto la guida di qualche capo lanciato dai media, ma in una rinnovata partecipazione politica, nella formazione con il più vasto dibattito di una piattaforma da far valere oggi sul governo e sulla maggioranza e da elaborare più avanti, più compiutamente, in vista delle elezioni politiche.
14. Ma l’appello ad un nuovo vasto impegno comune non deve sottostare a discriminanti artificiose di schieramento, che possono conseguire il solo risultato di dividere le risorse critiche della sinistra invece di unificarle. Le chiusure vanno superate: noi pensiamo che alla base del rinnovato impegno debba invece esservi la più vasta partecipazione
15. Uniamoci dunque oggi per cambiare le politiche in atto, e sullo sfondo di questo rinnovato impegno comune, di questa unità programmatica e di azione, venga considerata la prospettiva di un nuovo soggetto politico della sinistra. Una formazione che realizzi l’unione delle forze e tendenze più avanzate, che tutte le potenzi, ne superi la frammentazione, ricreando le condizioni di una vasta partecipazione popolare.
16. Noi proponiamo che si apra in questo senso la più appassionata discussione. E per dare ulteriore materia abbiamo raccolto analisi e considerazioni in un documento offerto come uno dei riferimenti possibili al dibattito. Se la crisi della sinistra è arrivata al suo culmine ed i tempi per reagire sono ristretti, allora bisogna chiedersi: se non ora, quando?