Il precedente governo Berlusconi ci aveva abituato alle leggi ad personam, volte a risolvere il conflitto d’interesse nel senso di garantire la prevalenza dell’interesse personale del Capo del Governo e dei suoi beneficiari sull’interesse pubblico al buon andamento della pubblica amministrazione ed all’imparziale funzionamento della giustizia. Nella nuova legislatura, complice il ridimensionamento dell’opposizione, l’azione di governo ha fatto un altro passo in avanti sulla strada dell’onnipotenza della maggioranza. Adesso non abbiamo più leggi ad personam (salvo il lodo Alfano), ma addirittura Ministri contra legem. Cioè Ministri che impartiscono ordini e direttive, completamente svincolate dall’obbligo di rispettare le leggi vigenti nella Repubblica.
Si tratta di una scoperta rivoluzionaria. Perché perdere tanto tempi in Parlamento in discussioni inutili, quando il Ministro, può agire direttamente, scavalcando leggi e regolamenti ed dettare egli stesso legge, in quanto capo politico?
Questo è proprio quello che è accaduto con la vicenda dei quasi 500 profughi, soccorsi nel canale di Sicilia dalle navi militari italiane e forzatamente ricondotti in Libia, su ordine di Maroni.
Quello che si prospetta ha detto il Ministro, interpretando il proprio comportamento è “un nuovo modello di contrasto in mare di chi cerca di arrivare illegalmente”, che “non ha a che fare con chi chiede asilo: i clandestini non arrivano sul territorio nazionale ma vengono respinti alla frontiera, valutare le richieste di asilo non è quindi compito del governo italiano”.
Il Ministro leghista esulta: ha trovato l’uovo di Colombo che gli permetterà di porre fine, per sempre, all’assalto dei “clandestini” alla sponda meridionale.
Per la verità, il Ministro ha dovuto superare, con uno slancio di fantasia giuridica, un piccolo ostacolo: la legge. Anzi le leggi interne e le leggi internazionali (oltre quelle comunitarie) che vincolano l’Italia, legando le mani, con lacci e lacciuoli, ai governanti e vincolandoli al rispetto di alcuni fastidiosi principi di civiltà giuridica.
Avvalendosi di un illustre precedente, il Ministro deve aver pensato: me ne frego.
Me ne frego della legge Bossi-Fini che disciplina specificamente l’istituto del respingimento alla frontiera (art. 10) e prevede che i provvedimenti individuali di respingimento, quando comportano la coercizione della libertà personale del migrante debbano essere convalidati dal Giudice di Pace, ed esclude – in ogni caso – che possano essere respinti i minori, le donne incinte ed i perseguitabili (art. 19).
Me ne frego delle Convenzioni internazionali, sul diritto di asilo, e delle Carte sui diritti dell’uomo, come la Convenzione Europea, e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che vietano le espulsioni collettive degli stranieri ed il loro invio in Paesi in cui non sono protetti dal rischio di persecuzioni;
Me ne frego del codice penale (art. 4) che dice che le navi sono territorio dello Stato, per cui gli immigrati soccorsi dalla Marina italiana, anche se non hanno toccato il bagnasciuga del sacro suolo della Patria, si trovano comunque in Italia e sono sottoposti alla sua giurisdizione ed alle sue leggi.
A ben vedere, questa invocata diversità della condizione giuridica del migrante soccorso in acque internazionali, rispetto a quella del migrante soccorso in acque territoriali è poco più che una miserabile foglia di fico che non riesce a nascondere la vergogna di una ribellione aperta alle leggi ed ai principi di civiltà giuridica ad essi sottesi.
E’ di solare evidenza, infatti, che i c.d. “clandestini” sebbene non sbarcati sul territorio geografico italiano, sono stati assoggettati ad un atto di sovranità delle autorità politiche italiane, dettato dal Ministro dell’Interno, ed attuato mediante l’utilizzo di navi e personale militare italiano. E proprio per questo, in quanto soggetti alla sovranità italiana, è stato possibile sottoporli ad un inusitato provvedimento amministrativo di respingimento- consegna coatta alle autorità libiche.
Una volta la ribellione alle leggi era una prerogativa degli anarchici. Quando sono gli uomini del potere politico-amministrativo a ribellarsi apertamente alle leggi, non c’è l’anarchia in vista, ma il fascismo.