A pochi giorni dal voto sul referendum contro il nucleare, finalmente è stata detta l’ultima parola, ed è stata una parola di giustizia!
E’ stato, fin dal primo momento, evidente che l’inserimento nel decreto omnibus, di un emendamento che prevedeva l’abrogazione delle norme sottoposte a referendum, costituiva un miserabile espediente volto ad impedire lo svolgimento del referendum, senza rinunziare al programma nucleare contro il quale si sono mobilitati i comitati referendari.
Si è parlato di “scippo” del referendum, di “furto” di democrazia, di una colossale frode architettata dal Sovrano del popolo alle spalle del popolo sovrano.
Tutte queste definizioni colgono nel segno e adesso hanno ricevuto un riscontro formale attraverso la decisione della Cassazione. L’Ufficio centrale per il Referendum, chiamato dal Governo a “certificare” la cancellazione del referendum, ha deciso, al contrario, che il referendum si deve tenere lo stesso, mettendo a nudo la natura mistificatoria dell’operazione attuata per sottrarre al popolo italiano la possibilità di decidere del suo futuro.
Secondo un antico adagio popolare, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. In questo caso gli strateghi del Sovrano hanno commesso un errore: hanno fatto i conti senza l’oste, che in questa fattispecie assume il volto della Corte di Cassazione.
Nell’appello dei giuristi, pubblicato dal Manifesto del 28 maggio erano indicate chiaramente le ragioni per le quali l’Ufficio centrale per il Referendum, al quale non è demandata una funzione meramente notarile, avrebbe dovuto respingere la richiesta di cancellazione del referendum, trasferendo il quesito su parte delle nuove norme. Del resto è stata la Corte Costituzionale, con la sentenza n.69 del 1978, modificando l’art. 39 della legge sul referendum (L.25 maggio 1970, n. 352), ad attribuire all’Ufficio Centrale per il Referendum una funzione di controllo effettiva, a tutela della correttezza istituzionale e dei diritti dei cittadini.
Per impedire che il referendum potesse essere aggirato attraverso comportamenti scorretti del potere legislativo ed esecutivo, la Corte Costituzionale ha deciso che, qualora una nuova disciplina legislativa, pur abrogando “le singole disposizioni cui si riferisce il referendum”, non ne modifichi “i principi ispiratori” e “i contenuti normativi essenziali”, allora il referendum si deve “effettuare sulle nuove disposizioni legislative”.
La Corte di Cassazione ha esercitato, in piena indipendenza, la sua funzione di garanzia, a tutela del corretto funzionamento delle istituzioni. Essa ha rilevato che le nuova disciplina, anche se comporta l’abrogazione delle norme oggetto del quesito referendario, non determina l’abbandono del programma di ritorno al nucleare, mantenendo in vita la strategia nucleare contro la quale erano diretti i quesiti referendari. Di conseguenza, conformemente alle indicazioni della Corte Costituzionale, ha trasferito i quesiti sulle nuove norme che consentono la ripresa del nucleare.
In questo modo la Corte ha sventato il tentativo fraudolento della maggioranza di aggirare il referendum e di sottrarsi alle sue conseguenze ed ha restaurato la legalità costituzionale. Facendoci comprendere, ancora una volta, quanto sia importante l’indipendenza degli organi di garanzia per il rispetto delle regole della democrazia.