Adesso è ufficiale, Berlusconi convoca la piazza contro la magistratura e chiama il popolo a manifestare il 23 marzo contro questo «cancro della nostra democrazia».
Probabilmente le ultime rivelazioni sulla vicenda De Gregorio sono la goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’insofferenza per il controllo di legalità e per le regole dello stato di diritto. Qui emerge l’anomalia del sistema politico italiano che ha consentito venissero affidate funzioni di uomo di stato ad un personaggio che, oltre ad essere coinvolto con i suoi più stretti collaboratori in vicende di malaffare di ogni tipo, ha fatto della lotta alle regole costituzionali e dell’aggressione alle istituzioni di garanzia la ragione d’essere stessa del suo movimento.
Quello di Berlusconi non è semplicemente un rifiuto ideologico dei principi dello stato di diritto, una visione monocratica in cui tutti i poteri sono concentrati nelle mani del sovrano. Anche una cultura politica antidemocratica si può evolvere e può accettare compromessi: quella di Berlusconi, invece, è un corpo a corpo contro la Costituzione, senza mediazioni: o riuscirà a mettere sotto controllo politico l’attività della magistratura (inquirente e giudicante) oppure ne resterà travolto.
In questo contingente la realtà supera l’immaginazione e Berlusconi sta mettendo in opera la scena finale del film il Caimano con la folla che si scaglia contro i giudici. Quando un capo politico mobilita i suoi partigiani contro le istituzioni di garanzia, rivendicando il diritto di non essere sottoposto alla legge, siamo in presenza di un fatto eversivo. La rivendicazione del Fuhrer Prinzip.
Per quasi vent’anni i partiti politici democratici, il sistema dei media, i maitres à penser dei principali giornali italiani, hanno chiuso gli occhi di fronte a questa degenerazione, hanno evitato che Berlusconi venisse escluso dal parlamento, pur essendo ineleggibile, lo hanno accettato come un normale interlocutore politico, pienamente legittimato, nel gioco delle parti, a realizzare l’alternanza politica.
Le ultime elezioni politiche ormai hanno dimostrato che le finzioni non reggono più e che, arrivati ad un certo punto, inevitabilmente si devono fare i conti con la realtà. Non si può continuare a non vedere quanto Berlusconi e il suo partito siano inconciliabili con le regole minime della democrazia con la quale hanno intrapreso una lotta mortale, al fondo della quale o soccomberanno loro o soccomberà la democrazia. Quando Berlusconi parla così della magistratura, evidentemente pensa a se stesso ad al movimento di cui è proprietario.
Adesso che tutte le finzioni sono crollate è venuto il tempo di evitare che le metastasi si estendano nel corpo delle istituzioni. Si cominci ad escluderlo dalla corsa alla presidenza delle camere e si assumano atteggiamenti politici conseguenti con la gravità della situazione.