Dopo la strage dei mercatini di Natale avvenuta a Berlino la sera di lunedì, torna alla mente lo storico discorso con il quale il Presidente Kennedy il 26 giugno del 1963 incoraggiava gli abitanti di Berlino a non perdere la speranza di fronte a circostanze storiche drammatiche, dichiarandosi anche lui berlinese: Ich bin ein Berliner.
Berlino è proprio la città dove la guerra fredda ha determinato il massimo della tensione fra i due blocchi e dove la caduta del muro, il 7 novembre del 1989, ha sancito la fine della guerra e l’inizio di una nuova era che preannunciava un avvenire di pace, libertà e fratellanza fra i popoli. Di quell’avvenire è rimasto solo un sogno. Come cantava Luigi Tenco: i sogni sono ancora sogni e l’avvenire e’ ormai quasi passato.
Gli architetti dell’ordine mondiale hanno ucciso il sogno quando era ancora in fasce ed ormai da troppo tempo la guerra è ritornata, si è fatta endemica, sono ritornate le stragi, i genocidi, le folle di profughi in fuga. Nell’anno appena trascorso abbiamo numerosi passi avanti verso la restaurazione del caos. Quello che colpisce delle stragi che stanno insanguinando l’Europa, a partire dagli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, passando per Bruxelles (22 marzo 2016), per Nizza (14 luglio 2016), per finire nella settimana di Natale a Berlino, è il senso di sgomento che tutti proviamo dinanzi all’impotenza della politica ed alla sua incapacità di porre degli argini alle forze infernali che si stanno scatenando.
E’ curioso che, quando la guerra fredda era appena finita e il mondo si aspettava l’avvento di quel nuovo ordine di pace promesso dalla Carta delle Nazioni Unite del 1945 e mai realizzato, quelli che delineavano gli scenari internazionali non hanno trovato niente di meglio che prefigurare una nuova guerra. Nel Nuovo Modello di difesa italiano, copiato dai documenti della casa madre di Washington, presentato dal Ministro Rognoni nell’ottobre 1991, si raffigurava un mondo fondato sul conflitto di tutti contro tutti e si indicava il conflitto fra Arabi e Israeliani come un modello da assumere, in quanto poteva essere considerato, secondo quei pianificatori militari, “un’emblematica chiave interpretativa del rapporto Islam-Occidente”. Dopo l’antitesi Est-Ovest il nuovo confronto, come si leggeva alle pagine 15 e 16 di quel progetto “di difesa”, era nell’area mediterranea “tra una realtà culturale ancorata alla matrice islamica ed i modelli di sviluppo del mondo occidentale”.
Quando si evoca un nemico, c’è il rischio che il nemico venga fuori davvero, è come aprire il vaso di Pandora, si dà la stura a tutti gli spiriti maligni e poi è una parola rimetterli nel vaso!
Il 18 gennaio del 2003, Giovanni Floris intervistò Tarek Aziz, l’intellettuale cristiano, vice di Saddam Hussein, e gli chiese cosa sarebbe successo se gli americani avessero invaso l’Iraq e distrutto il suo regime. Ci sarà un’esplosione del terrorismo (di matrice islamica) che colpirà tutto il mondo occidentale, fu la risposta di Tarek Aziz, che si affrettò a precisare che non si trattava di una minaccia che lui rivolgeva all’occidente per scongiurare l’attacco ormai imminente, si trattava di una previsione. Aveva perfettamente ragione!