“Per liquidare i popoli si comincia con il privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di un’altra cultura, inventa per loro un’altra storia. Dopo di che il popolo s’incomincia lentamente a dimenticare quello che è e quello che è stato. E il mondo intorno a lui lo dimentica ancora più in fretta!”.
Queste parole dello scrittore ceco Milan Kundera si attagliano in modo particolare al nostro Paese, dove da oltre 25 anni è in corso un processo di liquidazione della memoria e di riscrittura della storia, che in questo tempo contorto si è particolarmente accentuato. Per ironia della sorte la liquidazione della memoria avviene istituendo più giornate della memoria, come è avvenuto il 5 aprile dello scorso anno quando il Senato ha dato il via libera, con un solo astenuto, all’istituzione il 26 gennaio della “Giornata nazionale dedicata alla memoria e al sacrificio degli alpini”. L’intento è di celebrarla ogni anno in ricordo dell’eroismo dimostrato dagli alpini nella battaglia di Nikolajewka del 26 gennaio 1943, durante la Seconda guerra mondiale. Facendosi scudo del Corpo degli Alpini, con la legge 44/22 sostanzialmente si vuole celebrare l’avventura dal corpo di spedizione italiano mandato al massacro in Russia da Mussolini per sostenere l’aggressione della Germania nazista contro l’Unione sovietica. Contestualmente la giornata si propone di “promuovere i valori della difesa della sovranità e dell’interesse nazionale nonché dell’etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato, che gli alpini incarnano.”
Non potendo eliminare il “giorno della memoria”, istituito con la legge 211 del 2000 con riferimento al 27 gennaio 1945, data della liberazione del lager di Auschwitz da parte dell’armata rossa, si è deciso di corrompere la memoria di quel periodo oscuro della nostra storia, premettendone una contraria.
Il 26 gennaio la Repubblica celebra un evento opposto alla liberazione di Auschwitz e introduce una sorta di santificazione del sovranismo, cioè di una impostazione politico-culturale antitetica ai valori della Resistenza e più consona all’avvenuto sdoganamento della guerra. Il 27 gennaio la Repubblica celebra la liberazione di Auschwitz, mettendo sullo stesso piano fascismo e antifascismo.
In realtà non c’è bisogno di una legge, in Italia il Giorno della Memoria esiste già, è stato istituito dalla Storia e fa parte del patrimonio morale del popolo italiano: questo giorno è il 25 Aprile, anniversario della liberazione di Milano, data simbolica del trionfo della lotta di liberazione dell’Italia dal giogo nazifascista.
Questo è il senso del 25 aprile, fare memoria della lotta di liberazione e degli approdi che essa ha apportato nel nostro Paese, ossia la riconquista della libertà per il popolo italiano sancita dalla Costituzione.
I falsificatori della Storia cercano anche di corrompere il significato del 25 aprile. Così il Presidente del Senato in un’intervista (La Repubblica, 21 aprile) pretende di espungere l’antifascismo dalla Costituzione.
Su questo punto occorre essere chiari.
La Costituzione italiana è una costituzione compiutamente antifascista, perché i Costituenti sentirono il bisogno di rovesciare completamente le categorie che avevano caratterizzato il fascismo. Come il fascismo era stato alimentato da spirito di fazione e aveva assunto la discriminazione come propria categoria fondante (sino all’estrema abiezione delle leggi razziali), così i Costituenti assunsero l’eguaglianza e l’universalità dei diritti dell’uomo come fondamento dell’ordinamento. Come il fascismo aveva soppresso il pluralismo, perseguendo una concezione totalitaria (monistica) del potere, così i Costituenti concepirono una struttura istituzionale fondata sulla divisione, distribuzione, articolazione e diffusione dei poteri. Come il fascismo aveva aggredito le autonomie individuali e sociali, così i Costituenti, le ripristinarono, stabilendo un perimetro invalicabile di libertà individuali e di organizzazione sociale. Come il fascismo aveva celebrato la politica di potenza, abbinata al disprezzo del diritto internazionale e alla convivenza con la guerra, così i Costituenti negarono in radice la politica di potenza, riconoscendo la supremazia del diritto internazionale e ripudiando le nozze antichissime con l’istituzione della guerra.
La Costituzione è la traduzione nell’ordinamento giuridico dell’annuncio portato dalla Resistenza di una nuova società umana, cioè di un tempo e di una storia nuova in cui fossero risparmiate per sempre alle generazioni future le sofferenze inenarrabili che avevano patito quelle precedenti attraverso le due guerre mondiali, l’olocausto e l’asfissia di una società priva di libertà.