Se Zelensky ci trascina in guerra

Con l’invasione del territorio russo nella zona di Kursk da parte di truppe corazzate ucraine, si è verificato un salto di qualità nell’escalation del conflitto russo-ucraino, che ci riguarda e ci coinvolge direttamente.

Con l’invasione del territorio russo nella zona di Kursk da parte di truppe corazzate ucraine, armate ed equipaggiate dalla NATO, e con la pretesa ucraina di utilizzare sistemi d’arma occidentali per colpire obiettivi strategici in profondità in Russia, si è verificato un salto di qualità nell’escalation del conflitto russo-ucraino, che ci riguarda e ci coinvolge direttamente.  Lev Tolstoj, in Guerra e Pace, per descrivere Napoleone Bonaparte che ordina l’avanzata in territorio russo nel 1812 ricorre al noto aforisma di Dio che fa impazzire quelli che vuole perdere. La catastrofe della guerra in Russia indubbiamente fu frutto del delirio di potenza che aveva oscurato la mente di Napoleone. Oggi ci troviamo di fronte alla programmazione di una nuova e più catastrofica campagna di Russia, di cui l’invasione ucraina nel territorio di Kursk, rappresenta il detonatore, se Zelensky non verrà ridotto a più miti consigli. La mini-invasione della Russia intrapresa dall’Ucraina con i mezzi corazzati, l’armamento e la copertura di intelligence della NATO, è un’operazione che non ha grandi prospettive sul piano meramente militare, addirittura potrebbe apparire un non senso, dal momento che l’Ucraina ha dovuto distogliere una parte delle sue truppe migliori dal Donbass dove non riesce ad arrestare la lenta ma inesorabile avanzata delle truppe russe. Tuttavia, al di là della sua opinabile rilevanza militare, l’incursione ucraina, rappresenta una provocazione politica che punta ad esasperare il conflitto e ad indurre la Russia a massimizzare la violenza, provocando così l’ingresso definitivo in guerra della NATO. L’offensiva dei dirigenti politici ucraini che punta ad ottenere mano libera per usare sistemi missilistici USA e NATO allo scopo di colpire siti di valore strategico in Russia e la dichiarata intenzione di Zelensky di presentare un “Piano per la vittoria”, lasciano intendere che la direzione di marcia del piccolo Napoleone di Kiev è quello di provocare l’avversario anche sfidando il rischio che, messa con le spalle al muro, la Russia, ricorra all’uso delle armi nucleari tattiche. La decisione di USA, Gran Bretagna e di numerosi Stati europei, con il sostegno dei vertici dell’Unione Europea, di permettere all’Ucraina di utilizzare sistemi d’arma occidentali sempre più performanti per colpire in profondità nei territori della Russia, rappresenta un crescendo di ostilità che ci coinvolge sempre di più nel conflitto. Qui siamo molto al di là dal sostegno alla resistenza delle forze armate ucraine a fronte dell’attacco russo scatenato il 24 febbraio 2022, ci troviamo di fronte ad una alleanza de facto per sostenere una guerra che punta alla “vittoria” dell’Ucraina, attraverso la disfatta militare e l’umiliazione della Russia. Senonchè l’unica possibilità di “vittoria” per un Paese più debole come l’Ucraina consiste nel provocare l’intervento dei Paesi della NATO nella guerra contro la Russia. Per ottenere questo risultato qualsiasi azzardo è giustificato, anche quello di spingere la Russia ad utilizzare le sue armi nucleari tattiche. Quella compiuta dall’Ucraina è la più rilevante incursione in territorio russo dalla Seconda guerra mondiale, le reminiscenze di un passato tragico non possono che attizzare risposte irrazionali nella società e nel potere russo.

Domenico Quirico sulla Stampa ha colto che: “oggi dopo Kursk qualcosa è cambiato, di profondo, al di là della irrilevanza militare della incursione ucraina” ed ha osservato che: “Un sistema politico, esiste solo se risponde in maniera adeguata a ciò che lo mette in pericolo. Finché riesce a reagire e ad annientare ciò che punta alla sua fine sopravvive. Quando dimostra di non avere più i mezzi per rispondere, subito, drasticamente, muore. La Russia putiniana è forse arrivata a questo dilemma senza vie di uscita.”

Se Quirico quasi si compiace dell’indebolimento del potere di Putin, noi, al contrario non possiamo che allarmarci. Come farà quel sistema politico a rispondere in maniera adeguata a ciò che lo mette in pericolo? Persino Tajani e Crosetto, si sono resi conto che stiamo varcando la soglia della guerra con la Russia e hanno messo le mani avanti dichiarando contrarietà all’uso di nostri sistemi d’arma per colpire obiettivi in territorio russo poiché: “noi non siamo in guerra con la Russia”. I politici italiani sono campioni mondiali di servilismo, oggi verso la NATO, ieri verso la Germania hitleriana, ma non sono pazzi al punto da rischiare il suicidio per amore di servilismo. L’impazzimento invece dilaga nel territorio dell’Unione Europea e offusca le menti dei dirigenti politici se l’Alto Rappresentante per la politica estera Josep Borrell ha tacciato di ridicolo le esitazioni italiane: “Io credo che sia ridicolo dire che se si permettono di colpire obiettivi militari in Russia allora vuol dire essere in guerra contro Mosca, come dicono alcuni Stati membri”. Evidentemente per Borrell dirigere le nostre armi contro obiettivi strategici in Russia e colpirli pesantemente non è un atto di ostilità e la Russia non deve considerarlo come tale. Purtroppo nulla ci garantisce che i generali russi condividano questa tesi.

In questo momento – direbbe Tolstoj – il delirio di potenza circola nelle Cancellerie dei principali paesi europei, specialmente in Gran Bretagna e nei Paesi nordici. L’Italia non conta nulla, ma facciamo pur sempre parte della NATO e lo scoppio della guerra con la Russia ci coinvolgerà inevitabilmente.  Il nostro Paese, come tutti i popoli europei, non ha alcun interesse reale ad entrare in guerra con la Russia: sarebbe una tragedia enorme che sovrasterebbe i lutti e le distruzioni provocate dalla Seconda guerra mondiale. La guerra con la Russia non è inevitabile, come sostengono i vertici della NATO, e i leader europei profeti di sventura, ma noi ci troveremmo inevitabilmente coinvolti se continuassimo a fornire a Zelensky gli strumenti per attuare i suoi piani di provocazione politica e militare nei confronti della società e del potere russo.

L’escalation del conflitto russo ucraino è arrivata ad un punto di svolta. Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare che questa svolta si compia, non basta mettere la testa sotto la sabbia e proclamare (invano) la nostra contrarietà all’uso di armi italiane su territorio russo, bisogna invertire la direzione di marcia respingendo il mito della “vittoria” ucraina come unica soluzione auspicabile del conflitto. Nessuna delle due parti può conseguire la vittoria: l’unica soluzione è un negoziato da attuarsi mediante una Conferenza di Pace sul modello Helsinki 1975. E’ urgente una mobilitazione delle coscienze per spingere Governo, partiti e strutture della società civile a dire no alla guerra con la Russia, senza se e senza ma. E proprio il caso di dire che si tratta di una questione di vita o di morte.

(Una versione ridotta di questo articolo è stata pubblicata sul Fatto Quotidiano del 4 settembre con il titolo: Dobbiamo tirarci fuori dalla campagna di Russia)

Autore: Domenico Gallo

Nato ad Avellino l'1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell'arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022)

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