Il Parlamento respinga il decreto armi

Noi cittadini della Repubblica italiana riteniamo che un ulteriore invio di armi a Kiev, come previsto dal decreto legge n. 200/24 sia un tragico errore

L’ 8 gennaio è stata presentata al Senato una Petizione per chiedere di bocciare il decreto che proroga la fornitura di armi al governo ucraino

I cittadini che vorranno sostenere la petizione potranno farlo anche online cliccando su www.peacelink.it/noarmiucraina

PETIZIONE AI/ALLE PARLAMENTARI, EX ART. 50 COSTITUZIONE, PERCHÉ NON CONVERTANO IN LEGGE IL DECRETO CHE AUTORIZZA L’INVIO DI ARMI ALL’UCRAINA

Il 27 dicembre è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legge n. 200 relativo a disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, fino al 31 dicembre 2025, previo atto di indirizzo delle Camere.

Le radici profonde di questa, guerra vanno ricercate nella crescente avanzata della NATO e delle sue basi militari verso i confini della Russia (l’“abbaiare della NATO alla porta della Russia”, come ha detto papa Francesco, “Corriere della Sera”, 3 maggio 2022) e nell’oppressione e discriminazione dei russi di Ucraina praticate dal governo ipernazionalista instauratosi dal 22 febbraio 2014 a Kiev, dopo l’estromissione violenta del presidente regolarmente eletto Janukovic. A seguito della svolta antirussa del nuovo governo di Kiev, il popolo della Crimea il 16 maggio del 2014 con un referendum votò per l’annessione alla Russia. Dal 2014 al 2022 si è svolta in Ucraina una guerra tra il governo di Kiev e le autoproclamate repubbliche popolari russofone di Lugansk e Donetsk, che ha provocato oltre 14.000 morti e decine di migliaia di feriti. Gli “Accordi di Minsk” (2014-2015) che prevedevano un’ampia autonomia per le regioni russofone del Donbass e avrebbero potuto fermare la guerra, non furono mai implementati dal governo di Kiev con una necessaria riforma costituzionale; uno dei più rilevanti protagonisti della politica europea, la ex cancelliera tedesca Angela Merkel, ha dichiarato che essi servivano solo a prendere tempo perché Kiev potesse adeguatamente armarsi per la guerra (intervista a “Die Zeit”, 15 dicembre 2022). Nel 2019 è stata inserita nella Costituzione ucraina la volontà di adesione alla NATO.

L’avanzata della NATO ad Est, percepita dalla Russia come minaccia alla propria sicurezza, e la negazione dei diritti della popolazione russa in Ucraina hanno sempre più esacerbato i rapporti tra Russia e Occidente. Piuttosto che il dialogo, la mediazione, l’accordo, è stata privilegiata la strada della contrapposizione frontale (anche a livello culturale, con campagne russofobiche e la messa al bando dell’arte e della letteratura russe, che sono parte costitutiva e fondante del patrimonio culturale europeo). La proposta di una trattativa globale sulla sicurezza, presentata da Mosca a USA e NATO nel dicembre 2021, fu lasciata cadere nel vuoto, dando alla dirigenza russa l’ulteriore segnale che non vi fossero spazi di mediazione e soluzione pacifica. E’ così prevalso il ricorso alla guerra “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, proprio ciò che la Costituzione italiana ripudia espressamente, in coerenza con la Carta dell’ONU.

Anche dopo l’inizio della guerra ad alta intensità il 24 febbraio 2022, i tentativi di trattativa e mediazione tra le delegazioni di Ucraina e Russia – in Bielorussia prima, in Turchia dopo – sono falliti per la pesante ingerenza di un forte “partito della guerra” che si proponeva la vittoria completa e definitiva sulla Russia, di cui si preconizzava un rapido cedimento, se non un’implosione. USA, NATO, UE hanno sempre più armato Kiev, a cui sono andati, dalla sola UE, 130 miliardi di euro (Von der Leyen, 19 dicembre 2024). Il Parlamento europeo, in coerenza con i vertici UE e NATO ha istigato l’Ucraina a combattere fino alla “vittoria”, escludendo ogni ipotesi di negoziato. Ciò ha determinato una continua escalation bellica, con l’invio di armi sempre più letali in grado di colpire in profondità il territorio della Russia, in una sempre più pericolosa spirale di azioni e reazioni e un coinvolgimento sempre più ampio della UE e della NATO, col rischio concreto per i Paesi europei di scivolare da uno stato di cobelligeranza indiretta ad una belligeranza diretta (già anticipata con la folta presenza in Ucraina di istruttori, addestratori militari, ufficiali di collegamento di paesi europei).

Il sempre più massiccio invio di armi al governo di Kiev, comportando l’intensificazione e il prolungamento della guerra, ha provocato distruzioni incommensurabili e la morte di centinaia di migliaia di giovani ucraini sacrificati sull’altare di ragioni geopolitiche che nulla hanno a che vedere con la libertà ed il benessere del popolo ucraino e dei popoli europei. Dopo quasi tre anni di inutili massacri lo stesso presidente ucraino Zelensky (intervista a “Le Parisien”, 18 dicembre 2024), ha dovuto riconoscere che l’Ucraina non ha le forze per rovesciare le sorti del conflitto. Ciononostante le èlite europee continuano ad alimentare a dismisura la spirale della contrapposizione generale di lunga durata contro la Russia, e la militarizzazione – già annunciata e in parte avviata – delle società ed economie europee e il loro passaggio dal welfare al warfare, con tagli pesantissimi alle spese sociali per incrementare le spese di guerra.

Occorre uscire da questa logica perversa che sta mandando in rovina il nostro Paese (non si tratta solo delle enormi somme inviate a Kiev per la guerra, ma anche del forte aumento dei prezzi dovuto alla scelta del governo italiano di non acquistare più il gas russo a buon mercato, per rifornirsi da USA e altri Paesi a prezzi doppi o tripli) e ritornare alla Costituzione, che all’articolo 11 prescrive in modo netto, chiaro, inequivocabile, che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Il ripudio della guerra comporta per l’Italia l’obbligo di impegnarsi per fermare i conflitti, non di alimentarli con la fornitura di armi.

Sulla base di quanto su esposto

Noi cittadini della Repubblica italiana riteniamo che un ulteriore invio di armi a Kiev, come previsto dalla proroga del decreto:

– Alimenti un’escalation bellica che ha realisticamente come sola prospettiva un ulteriore coinvolgimento militare della UE e dell’Italia, fino a varcare la linea rossa di non ritorno di un coinvolgimento diretto del nostro Paese nella guerra contro la Russia, trasformando l’attuale cobelligeranza di fatto in guerra aperta, con conseguenze catastrofiche.

– Sia contro gli interessi della pace, alimentando la spirale di guerra e la prospettiva di un mondo di guerra, con aumento delle spese militari che sottraggono risorse a sanità scuola servizi sociali.

– Sia non solo contro i principi di pace e cooperazione internazionale che informano la nostra Costituzione, e violi la legge 185 del 1990, che vieta l’invio di armi a paesi belligeranti, ma vada anche contro gli interessi economici del nostro Paese, fortemente colpito dalle misure di embargo comminate dal 2014 contro la Russia e sempre più intensificate negli anni successivi.

– Vada contro gli interessi stessi della popolazione ucraina, che in sempre maggior numero rifiuta di andare a combattere e di aprire nuovi cimiteri di guerra (800.000 renitenti alla leva, secondo la stima del presidente della commissione Affari economici del Parlamento ucraino, Dmytro Natalukha, riferito al quotidiano “Financial Time”). Un recente sondaggio dell’agenzia USA Gallup attesta che la maggioranza degli ucraini vuole negoziati e fine della guerra quanto prima possibile.

– Alimenti la contrapposizione contro la Federazione russa, un Paese che è geograficamente, storicamente, culturalmente, parte del continente europeo, un Paese rispetto al quale l’Italia non ha alcun contenzioso, nessuna controversia territoriale, né commerciale o economica, con cui, anche nel periodo della guerra fredda, seppe intessere proficui rapporti di cooperazione economica (basti ricordare qui la fabbrica di automobili di Togliattigrad, in cooperazione con la FIAT).

Roma, 8 gennaio 2025

Arcivescovo Giovanni Ricchiuti

Padre Alex Zanotelli

Elena Basile

Piero Bevilacqua

Ginevra Bompiani

Marina Boscaino

Maurizio Brotini

Luciano Canfora

Cassano Don Angelo

Andrea Catone

Angelo D’Orsi

Roberta De Monticelli

Alessandro Di Battista

Monica Di Sisto

Marcelli Fabio

Domenico Gallo

Alfonso Gianni

Claudio Grassi

Raniero La Valle

Michele Lucivero

Laura Marchetti

Alessandro Marescotti

Lea Melandri

Vito Micunco

Luisa Morgantini

Moni Ovadia

Sabrina Pignedoli

Carlo Rovelli

Linda Santilli

Vauro Senesi detto Vauro

Francesco Sylos Labini

Massimo Wertmuller

Autore: Domenico Gallo

Nato ad Avellino l'1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell'arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022)

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