Gaza: restiamo umani

la foto del bambino giapponese che porta sulle spalle il fratellino morto, non ci racconta solo la tragedia di Hiroshima ma anche quella di Gaza

Secondo le ultime stime, dalla ripresa della guerra di Israele a Gaza sono morti 792 palestinesi, di cui 200 minori. Lo ha riferito il ministero della Salute nella Striscia, gestito da Hamas, aggiungendo che i feriti sono stati 1.663. Il bilancio totale dall’avvio del conflitto è di 50.144 morti.  L’UNICEF ha riportato che il 18 marzo è stato il giorno più letale per i bambini nella Striscia, con oltre 130 minori deceduti in un solo giorno. Le parole delle statistiche sono gelide, i numeri non possono descrivere le sofferenze dei feriti e la disperazione dei sopravvissuti. Le statistiche non ci parlano dello strazio delle madri, dei padri, dei fratelli e delle sorelle delle vittime. In realtà non ci sono le parole per dirlo. A volte una foto ci può trasmettere, attraverso il linguaggio delle emozioni, una conoscenza più profonda di mille parole. Per comprendere l’orrore di Hiroshima e Nagasaky il documento più pregnante è la foto di Joe O’ Donnell del bambino che porta sulle spalle il fratellino morto. Questa immagine, conosciuta come “The Boy Standing by the Crematory” (Il ragazzo in piedi presso il crematorio), ritrae un bambino giapponese di circa 10 anni che porta sulle spalle il fratellino deceduto, in attesa del suo turno al crematorio. Il ragazzino è scalzo, vestito di stracci, ritto e disciplinato come un soldato che attende il suo turno, lo sguardo perso nel vuoto. Porta sulla schiena il fratellino che, con la testolina inclinata, sembra profondamente addormentato.   O’Donnell raccontò l’intera scena a cui lui suo malgrado si era trovato ad assistere. Alcuni uomini con le mascherine bianche e addetti alla cremazione si erano avvicinati al bambino, prendendo il fratellino delicatamente e posandolo sulle fiamme. Lui era rimasto a guardare il rogo per dieci minuti, senza dire nulla e mordendosi le labbra fino a farle sanguinare. Poi si era girato, allontanandosi in silenzio. Una foto che ha colpito molto Papa Francesco, tanto da farla riprodurre su un cartoncino insieme alla frase “… il frutto della guerra” (31/12/2017). “La tristezza del bambino si riassume tutta nelle sue labbra morse fino a trasudare sangue”, ha scritto il pontefice, commentando il ritratto dei due sfortunati bambini. Un’immagine che anche oggi rimane il simbolo di tutte le guerre che continuano a sconvolgere il mondo, spesso nel disinteresse generale dell’opinione pubblica. Quest’immagine non ci racconta solo Hiroshima o Nagasaki, ci racconta anche Khan Younis, o Rafah, o Gaza city. Anche qui ci saranno dei bambini che, dopo il diluvio di bombe e di fuoco, cercheranno il fratellino più piccolo, lo ritroveranno morto fra le macerie della propria casa o fra i brandelli detta tenda, dovranno tirare fuori il suo corpicino fra i detriti, dovranno caricarselo sulle spalle o su una carriola e trasportarlo dove i grandi accumulano i corpi nelle fosse comuni. Anche loro fisseranno lo sguardo nel vuoto e rimarranno impietriti osservando le pale che gettano cumuli di terra, su quel lenzuolino bianco insanguinato. Resteranno a guardare senza dire nulla, mordendosi le labbra e poi si allontaneranno in silenzio come il bambino giapponese. L’umanità lacerata a Gaza ci interroga con il volto triste dei suoi bambini straziati dalla nostra scienza esatta persuasa allo sterminio. Il volto di quei bambini si trasfigura ed assume il volto del bambino giapponese, orami non sono più distinguibili. Quei volti dovrebbero turbare il sonno dei leader dei paesi occidentali e dell’opinione pubblica che manifesta orgogliosa della nostra civiltà. Invece un velo nero di silenzio è calato su quella porzione di umanità che ha la sfortuna di vivere nella striscia. Fino a consentire all’esercito israeliano di notificare ai gazawi il decreto di esclusione dall’umanità comunicato con i volantini lanciati assieme alle bombe e ai missili.  “Alla gente di Gaza – è scritto in arabo – prima di iniziare il piano obbligatorio di Trump, ripensateci: la mappa del mondo non cambierà se la gente di Gaza scompare. Nessuno vi noterà. Nessuno chiederà di voi. Né all’America né all’Europa importa di Gaza. Nemmeno agli Stati Arabi. Sono nostri alleati. Ci forniscono denaro, petrolio e armi. Vi mandano solo sudari. Il gioco finirà presto”. I fatti dimostrano che a nessuno importa di Gaza, al punto che neppure l’attacco a due ambulanze e la fucilazione di 14 paramedici e soccorritori ha suscitato un minimo di indignazione . Rimane la domanda è possibile restare umani, se accettiamo che un intero gruppo etnico sia espunto dall’umanità? E’ importante partecipare alla manifestazioni di protesta contro il massacro “normalizzato” a Gaza che si stanno organizzando spontaneamente in tante città italiane e alla manifestazione nazionale del 5 aprile a Roma. Ritorna il monito di Vittorio Arrigoni: restiamo umani.

Autore: Domenico Gallo

Nato ad Avellino l'1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell'arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022)

2 pensieri riguardo “Gaza: restiamo umani”

  1. Straziante leggere quello che guardiamo ogni giorno di questi terribile disumane distruzioni
    Cosa ne sarà di.qirllo che resta di Gaza e dei figli che restano?Un grido cosmico che faccia sentire in tutto il mondo la nostra non rassegnazione a tantissima follia non più umana

  2. Orrore ed invece di mobilitarsi tutti contro la guerra restiamo passivi a farci intontire con nuovi venti di guerra

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