Il 18 novembre del 2005 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il disegno di legge costituzionale denominato “Modifiche alla Parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento con maggioranza inferiore ai due terzi e quindi destinato ad essere definitivamente approvato o rigettato dal popolo italiano attraverso il referendum, che dovrebbe svolgersi nel mese di giugno dell’anno corrente. Si tratta della riforma più profonda ed inquietante approvata dalla maggioranza di centro-destra nel corso della legislatura che ormai volge al termine, ma nello stesso tempo della riforma più sconosciuta ed oscura. Per quanto i lavori del Parlamento si svolgano alla luce del sole, la divulgazione operata dai mass media ha nascosto alla generalità dei cittadini italiani persino l’oggetto della riforma, alla quale è stato appioppata la denominazione di “devolution”, un appellativo riduttivo e falsante. Quando una riforma della Costituzione riscrive 50 articoli sugli 81 (effettivi) che compongono la seconda parte, vuol dire che è stato sostituito l’intero ordinamento democratico vigente, che i costituenti hanno preordinato perché fosse funzionale ai valori e principi affermati nella I Parte, con un nuovo ordinamento. Tale nuovo ordinamento, in ogni caso, non è, e non potrebbe essere, coerente con la I Parte, se non altro perché realizzato sotto la spinta di orientamenti politici e culturali profondamente differenti da quelli che avevano animato i Costituenti, a cominciare dall’antifascismo.
Non si tratta, pertanto, di “devoluzione”, ma di demolizione dell’edificio costituzionale esistente e della sua sostituzione con una caserma dove tutti i poteri sono concentrati nella mani di un solo uomo. Ma la Costituzione è la casa comune, che ha consentito al popolo italiano negli ultimi cinquant’anni di affrontare le tempeste della Storia, salvaguardando, nell’ essenziale, la pace, la libertà, i diritti fondamentali degli individui e quelli delle comunità. Essa non può essere demolita e sostituita a cuor leggero. La scelta sulla Costituzione è una scelta politica suprema nella quale si mette in gioco il destino e l’identità stessa di un popolo organizzato in comunità politica. Per questo il referendum che si svolgerà nel giugno del 2006 è un referendum istituzionale, paragonabile soltanto a quello del 2 giugno 1946 nel quale il popolo fu chiamato a scegliere fra Monarchia e Repubblica. Anche questa volta il popolo sovrano sarà chiamato a scegliere fra due ordinamenti istituzionali profondamente differenti. Tuttavia gli elettori si troveranno di fronte ad una scelta capovolta: non saranno chiamati ad abbandonare una Monarchia per insediare un ordinamento repubblicano, ma saranno chiamati ad abbandonare un ordinamento repubblicano per insediare un nuovo Sovrano, sia pure elettivo.
Per sconfiggere questo progetto bisogna conoscerlo. Il volume realizza un vero e proprio manuale per il Referendum costituzionale, mettendo a disposizione dei cittadini una guida ai valori (ancora sconosciuti a causa l’analfabetismo politico di ritorno) della Costituzione italiana, nata dalla resistenza, ed al disvalore della sua controriforma, divulgando la conoscenza critica delle strutture e dei meccanismi operativi del nuovo ordinamento, anche attraverso il ricorso a schede di documentazione con simulazioni e paradossi nascenti dal nuovo sistema. Un saggio di Luigi Ferrajoli completa l’opera con una lucida analisi del progetto nel suo complesso, evidenziandone gli aspetti inquietanti di costituzionalizzazione del berlusconismo.
I curatori
Domenico Gallo – Magistrato presso il Tribunale di Roma, è stato senatore della Repubblica nella XII legislatura svolgendo le funzioni di segretario della Commissione Difesa. Aderisce attivamente a Magistratura democratica ed all’Associazione europea dei magistrati (MEDEL).
Autore e curatore di numerose pubblicazioni su temi attinenti a questioni di carattere internazionale ed in materia di diritti dell’uomo. Collabora con varie riviste giuridiche e quotidiani nazionali.
Franco Ippolito – Consigliere della Corte di cassazione, è presidente di Magistratura democratica. È stato membro del Consiglio superiore della magistratura, segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati, Presidente dell’Associazione italiana dei giuristi democratici, Direttore generale dell’Organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia.
È componente del Tribunale permanente dei popoli. Su temi di riforma costituzionale e di sistemi giudiziari, ha svolto missioni internazionali in Europa e in America latina su invito delle Nazioni Unite, di governi, di corti supreme di giustizia e di associazioni di magistrati e di giuristi.