L’emergere del fattore umano nell’Ucraina in guerra

Il fattore umano è il più potente antidoto alle furie bellicose della politica, è stato determinante per porre fine alla guerra del Vietnam e potrebbe porre fine alla guerra in Ucraina.

C’è un fattore tenuto rigorosamente segreto dallo scoppio della guerra, cancellato dai telegiornali e dai giornali, rigorosamente nascosto nelle dichiarazioni dei politici e nei documenti ufficiali dell’Unione europea; un fattore che deve essere cancellato dai radar e ignorato, al punto da farlo sembrare inesistente; un fattore che deve essere sepolto in una tomba di silenzio perché, se scoperchiato, farebbe emergere un’oscenità che i nostri sensi non potrebbero tollerare: il fattore umano. Tutti i notiziari ci informano di qualche bomba caduta su edifici civili, provocando qualche vittima o di qua, o di là, ma sull’oceano di sofferenza e di morte provocato dai combattimenti regna il silenzio più assoluto. Nessun cronista ci racconta che ogni giorno vengono uccisi o feriti in combattimento oltre mille soldati in ciascuna parte del fronte. Fonti russe (citate da Analisi Difesa) riferiscono di 60 mila morti e feriti registrati tra le forze ucraine nel mese di luglio, in linea con i mesi precedenti dove le perdite stimate dai Mosca sono sempre state tra i 50 mila e i 60 mila soldati ucraini uccisi o feriti. Numeri simili sono quelli diffusi da Kiev e dai suoi alleati circa le perdite russe, stimate dal bollettino quotidiano emesso da Londra e attribuito all’intelligence britannica in mille morti e feriti al giorno. Secondo la stessa fonte, in maggio la media dei militari russi uccisi o feriti ogni giorno era stata di 1.262, a giugno di 1.140. Il totale delle perdite subite dall’Ucraina in oltre due anni di guerra si avvicina al totale delle perdite subite dall’Italia nella Grande guerra. Un’intera generazione è stata distrutta, centinaia di migliaia di famiglie sono state devastate dalla guerra. Questi enormi sacrifici umani sono irrilevanti nella contabilità della politica. Nella sua ultima Risoluzione, prima dello scioglimento, il Parlamento Europeo il 29 febbraio ha riconfermato l’obiettivo della “vittoria” militare dell’Ucraina, precisando che l’unico modo per raggiungerlo è quello di intensificare la guerra e la fornitura di armamenti sempre più letali. Nella sua prima riunione, il 17 luglio il nuovo Parlamento europeo ha ribadito l’obiettivo.

La fede nella “vittoria” è talmente ottusa che viene ignorato ogni riferimento ai costi umani. Quanti ucraini (e quanti russi) devono morire per conseguire l’obiettivo: un milione, due milioni, tre milioni? Qual è il prezzo giusto, il costo sostenibile? Ovviamente nessuno lo dice, nessuno vuole assumersi la responsabilità di confrontarsi con i risultati delle scelte irresponsabili NATO/UE.

Una cosa è certa, i responsabili del gioco conoscono bene il prezzo di sangue che bisogna pagare e non ne sono ancora soddisfatti se per gli USA il fallimento della controffensiva lanciata dall’Ucraina nella primavera/estate del 2023 è stato attribuito (New York Times, 18 agosto 2023) all’orientamento casualty adverse dell’Ucraina, cioè la contrarietà dei suoi generali ad accettare le perdite massicce necessarie per vincere.   

In queste ultime settimane il muro che nascondeva il fattore umano ha cominciato a sgretolarsi. Così è emerso che i giovani ucraini sono sempre meno disposti a immolarsi sull’altare di Zelensky.  Sarebbero circa 800 mila i renitenti alla leva in Ucraina secondo le stime che il presidente della commissione Affari economici del Parlamento ucraino, Dmytro Natalukha, ha riferito al quotidiano Financial Times. Si tratta di persone che si sono rese irreperibili in vari modi. Sono aumentate le diserzioni, secondo l’Ufficio del Procuratore Generale sono stati aperti fascicoli su 63mila casi dall’inizio della guerra.

Nel 2024 vi son stati tra gennaio e luglio 18.600 casi di abbandono non autorizzato del proprio reparto e 11.200 casi di aperta diserzione: si tratta 29.800 casi contro i 23.100 del 2023 e i 9.400 del 2022 ma i numeri reali potrebbero essere molto più alti (Analisi Difesa).

Un comandante di battaglione, Roman Kovalev, ha detto al Telegraph ucraino che nelle unità di fanteria il fenomeno della fuga può riguardare «fino al 30 per cento dei soldati».

E’ anche emerso che alcuni soldati al fronte si rifiutano di sparare. “Alcune persone non vogliono sparare. Vedono il nemico in posizione di tiro nelle trincee, ma non aprono il fuoco..” ha detto un frustrato comandante di battaglione della 47ª Brigata ucraina. (Associated Press).

Con questo livello di diserzioni e fuga dalla leva diventa sempre più difficile portare avanti i piani di guerra ad oltranza. Il fattore umano è il più potente antidoto alle furie bellicose della politica, è stato determinante per porre fine alla guerra del Vietnam e potrebbe porre fine alla guerra in Ucraina. Zelensky ne è consapevole ed è deciso a ricorrere all’unica opzione che gli resta per vincere: coinvolgere più profondamente la NATO nel conflitto. Per questo il 6 settembre, durante la riunione del Gruppo di contatto a Ramstein, in Germania, il presidente ucraino ha lanciato un appello deciso agli alleati della NATO: “Ignorate le linee rosse di Putin”. Insomma se il sangue ucraino si sta esaurendo, la soluzione proposta è di ricorrere ai donatori di sangue alleati.

Proprio questo è quello che dobbiamo evitare se vogliamo restare vivi.

(una versione ridotta di questo articolo è stata pubblicata sul Fatto Quotidiano del 14 settembre 2024 con il titolo Morti e disertori, la guerra si imbatte nel fattore umano)

Autore: Domenico Gallo

Nato ad Avellino l'1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell'arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022)

2 pensieri riguardo “L’emergere del fattore umano nell’Ucraina in guerra”

  1. Mimmo bravo.
    Metti in luce quanto è macabra la guerra nell’indifferenza dell’occidente tutto che se ne frega altamente dei tanti giovani che muoiono ogni giorno.
    Che schifo questo mondo.
    La nato, o meglio gli U. S. A. Come l’Europa silenzia la morte e finanzia armi sempre più letali

  2. Caro Domenico, ti ringrazio del tuo lavoro. Ogni donenica dal febbraio 2022 nella mia paginetta “Parliamo di letturatura” su Fb premetto alla nota il libro proposto per la settimana i fiumi di sangue che scorrono quotidianamente in Ucraina. Un abbraccio Beppe

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