Contro la guerra è necessaria una mobilitazione permanente

26 ottobre: è importante scendere in piazza per testimoniare la voglia di pace del popolo italiano, ma non basta più invocare la pace se non si mettono a fuoco le scelte politiche concrete necessarie per contrastare le spinte belliciste.

La guerra totale è in atto, che altro deve succedere per scendere in piazza? E’ l’interrogativo posto dalla lettera di varie personalità pubblicata sul Fatto dell’11 ottobre. In realtà una profonda inquietudine attraversa la società italiana di fronte al perpetuarsi e all’estendersi delle guerre in atto in Ucraina e in Medio Oriente, ma finora non ha trovato un’espressione adeguata. Ci sono state già diverse piazze per la pace ma la politica non le ha viste (salvo il Movimento 5 Stelle e AVS) e la partecipazione è stata modesta. Adesso, per sabato 26 ottobre 2024 è stata indetta una Giornata di mobilitazione nazionale per la pace. Sono previste manifestazioni in sette città: Bari – Cagliari – Firenze – Milano – Palermo – Roma – Torino, altre se ne aggiungeranno. Nella piattaforma di convocazione gli organizzatori ci propongono di metterci “insieme per buttare fuori dalla Storia tutte le guerre, le invasioni, le occupazioni, i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, i genocidi, i terrorismi” Le parole d’ordine sono: “No al riarmo, no all’aumento delle spese militari, no alla produzione e diffusione delle armi nucleari, no all’invio di armi ai paesi in guerra”. Sono propositi nobilissimi che esprimono un forte spessore etico assieme ad esigenze largamente condivise nel corpo sociale. E’ importante scendere in piazza per testimoniare la voglia di pace del popolo italiano, ma non basta più invocare la pace se non si mettono a fuoco le scelte politiche concrete necessarie per contrastare le spinte belliciste. Padre Balducci era solito affermare che il movimento per la pace deve compiere una transizione dall’etica alla politica. Di fronte alle emergenze che caratterizzano il nostro tempo, dobbiamo realizzare che questa transizione non si è compiutamente realizzata. La politica prepara e costruisce le guerre, soltanto una decisa reazione politica contraria le può fermare, per questo il PD non si può lavare la coscienza andando alle manifestazioni per la pace se le sue scelte in Europa come in Italia vanno in senso contrario. La votazione alla Camera delle risoluzioni in vista del Consiglio UE del 17-18 ottobre hanno visto ancora una volta il PD schierato per il sostegno militare a Kiev, in perfetta concordanza con IV, Azione e Centrodestra, dimostrando quanto esso sia organico al partito unico della guerra. Il perpetuarsi della guerra in Ucraina non è frutto del caso cinico e baro, ma dipende dall’orientamento assunto dalla NATO e dai vertici dell’Unione Europea, che hanno scartato ogni ipotesi di negoziato e puntano ad alimentare lo scontro armato considerando la “vittoria” militare dell’Ucraina e la sconfitta della Russia come unico sbocco possibile del conflitto.  Questa direttiva politica, consacrata da numerose risoluzioni del Parlamento europeo, punta ad un obiettivo palesemente impossibile che richiede una continua escalation della violenza bellica attraverso la fornitura di armamenti di ogni tipo, col rischio di arrivare allo scontro diretto fra Russia e NATO. E’ proprio questa direttiva politica, fondata sul mito della “vittoria”, che deve essere denunciata come irresponsabile e criminogena e contrastata con decisione. In quest’ottica deve essere rifiutata ogni ulteriore fornitura di armi all’Ucraina, in particolare esortando il Parlamento a non prorogare oltre l’autorizzazione al Governo italiano alla cessione di equipaggiamenti militari, che scade il 31 dicembre. Invocare la pace per il Medio Oriente, comporta la necessità di ridimensionare l’impunità di cui ha goduto e continua a godere Israele, quindi, oltre all’embargo delle armi, occorre chiedere delle sanzioni diplomatiche, politiche, economiche, anche personali, nei confronti del Governo di Netanyahu. Anche su questo fronte dobbiamo constare che il PD ha votato contro o si è astenuto. Per perseguire questi obiettivi non si può esaurire tutto in una o più manifestazioni, occorre una mobilitazione permanente che coinvolga le più ampie fasce della popolazione e i territori a tutti i livelli.  Il 15 aprile 1994 Giuseppe Dossetti, nella nota lettera al Sindaco di Bologna, di fronte ai pericoli per la democrazia derivanti dall’avvento dell’era Berlusconi, scrisse: “auspico la sollecita costituzione a tutti i livelli, dalle minime frazioni alle città di comitati impegnati e organicamente collegati per una difesa dei valori fondamentali espressi dalla nostra Costituzione (..)per un’azione che sperimenti tutti i mezzi possibili, non violenti, ma sempre più energici, rispetto allo scopo che l’emergenza attuale pone categoricamente a tutti gli uomini di coscienza”. Oggi ci troviamo di fronte ad un’emergenza ancora più grave. Per questo nella lettera pubblicata dal Fatto si indica un’azione simile a quella auspicata da Dossetti: diamo vita in tutt’Italia a dei comitati per dire no alla guerra in nome dei valori supremi della nostra Costituzione, rendiamo i cittadini protagonisti e portiamo in ogni Comune, in ogni scuola, in ogni università, le istanze politiche più coerenti per fermare questa corsa al suicidio.

(articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano del 23 ottobre 2024 con il titolo: Si a Comitati per la pace, il PD non faccia il furbo)

Autore: Domenico Gallo

Nato ad Avellino l'1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell'arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022)

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