Comprendo l’inquietudine dell’opinione pubblica e l’allarme delle famiglie che hanno dei giovani che sono impegnati o sono stati impegnati nelle missioni in Bosnia e in Kosovo, condivido la disperazione e lo sgomento di coloro che hanno perso un figlio o un fratello o un marito, aggredito da un male incurabile ed oltraggioso, o che vivono nell’ansia di perderlo. Di fronte alla tragedia della contaminazione provocata dall’uranio impoverito, le cui dimensioni sono ancora sconosciute (non dimentichiamo che negli USA la sindrome del Golfo ha provocato circa 10.000 decessi fra i veterani), la politica deve fare un passo indietro e rimanere muta. Soprattutto devono rimanere muti i vertici militari e quegli uomini politici, con responsabilità di governo e parlamentari che, adesso che il bubbone è scoppiato, si agitano e si mostrano allarmati o addirittura indignati.
Quello che sta succedendo non è frutto del fato cinico e baro, né della scalogna che ci perseguita, ma è una tragedia provocata dalla politica. Una politica che ha inventato l’illusione della guerra pulita, in cui muoiono soltanto gli altri, per far trangugiare di nuovo all’opinione pubblica occidentale l’oscenità del ricorso ad una procedura superata, orribile e antiumana quale è la guerra per regolare le vicende internazionali. Senonchè la guerra pulità è un bluff come sanno bene i veterani del Golfo che stanno ancora morendo e soffrendo per le conseguenze di quella guerra. Ed è proprio l’esperienza della sindrome del Golfo che ha segnalato da tempo agli addetti ai lavori la pericolosità dell’uso dei proiettili all’uranio impoverito.
Non ci vengano a dire che non sapevano. Nella mia veste di Senatore membro della Commissione Difesa, io avevo sollevato quasi sei anni fa il problema dei rischi dell’uranio impoverito, con una interrogazione al Ministro della Difesa, presentata il 26 aprile 1995, in cui avevo persino fatto i nomi di due militari americani vittime di contaminazione da uranio impoverito ed avevo richiamato la dichiarazione del generale francese Pierre Marie Gallois (che non è un pacifista, essendo stato comandante in capo della Force de frappe), che aveva definito l’uso dell’uranio impoverito: “una mostruosa imbecillità militare”. Nell’interrogazione chiedevo cosa intendesse fare il Governo italiano per evitare che, attraverso l’uso dell’uranio impoverito si superasse un’altra soglia, rendendo lecito un nuovo tipo di guerra chimico-nucleare. E’ inutile dire che quell’interrogazione non ha ricevuto mai una risposta. Ciò non è avvenuto per caso. Nel sistema politico italiano c’è una consuetudine non scritta, ma ferrea: non bisogna dare fastidio alla macchina militare americana. Per questo abbiamo anche potuto bandire l’uso delle mine, con gran battage pubblicitario, ma non abbiamo avuto nulla da dire quando le mine sono state sganciate dal cielo e seminate nei Balcani, attraverso le bombe a frammentazione.
Il servilismo a volte può essere utile, ma in questo caso di troppo servilismo si muore. Anche perché poi succede che nel Kosovo il contingente italiano venga schierato nella zona dove vi è stata la massima concentrazione di bombardamenti all’uranio impoverito, mentre il contingente americano, eroicamente venga schierato in un’altra zona.